Prosegue in tutto il nostro Paese l’attività della Guardia di Finanza a tutela del patrimonio artistico ed archeologico e contro lo sfruttamento del lavoro in nero e dei diritti dei lavoratori, oltre che degli imprenditori che operano nel rispetto delle regole e per violazioni alla normativa sul lavoro, salute e sicurezza ed alle norme a tutela dei beni culturali, in Calabria, nella provincia di Cosenza, le Fiamme Gialle del Comando Tenenza di Montegiordano, guidate dal Luogotente Massimiliano Montinaro, hanno sequestrato un’area archeologica situata nel comune di Oriolo.
Per il recupero di un antico convento del terzo ordine regolare di San Francesco d’Assisi, risalente al 1439, contenente affreschi, resti archeologici ed anche resti umani di grande interesse, i lavori affidati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Cosenza ad una società edile di Rende, venivano effettuati senza il rispetto della normativa vigente in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Gli scavi archeologici all’interno dell’area venivano effettuati senza la preventiva predisposizione di un Piano Operativo di Sicurezza, affidati a manovali non specializzati, senza la figura necessaria dell’archeologo e senza il rispetto delle precauzioni di sicurezza previste dalla normativa di settore con dispositivi di protezione collettiva quali ponteggi non idonei, reti di protezione inesistenti, passerelle realizzate con materiali di fortuna ed altre gravi violazioni, tra cui la mancanza di una cassetta di pronto soccorso e di prefabbricati per i servizi igienici.
All’interno del cantiere, inoltre, sono stati trovati 3 lavoratori impiegati in nero e intenti ad effettuare gli scavi nel corso dei quali erano stati rinvenuti residui di vasi antichi e numerose ossa umane, tutti beni sottoposti a sequestro probatorio, oltre alla denuncia, in stato di libertà, alla Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Castrovillari di 8 persone tra cui il direttore del cantiere ed il rappresentante legale della società appaltatrice dei lavori ai quali sono stati contestati reati in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia archeologica, previsti dal Teso Unico Sicurezza sul Lavoro e dalla Legge a Tutela delle cose di interesse artistico e dal Codice dei Beni Culturali e dal Codice penale, e ora rischiano dai 2 ai 7 anni di reclusione.
Nel frattempo, il rappresentante della società appaltatrice, che ha immediatamente regolarizzato l’assunzione delle tre persone impiegati in nero, ha provveduto ad effettuare il pagamento alle casse dell’Erario per la prevista sanzione amministrativa di 4.500 euro, 1.500 euro per ogni singolo lavoratore non a norma.
Rocco Becce
Direttore Editoriale