In Basilicata, a Matera, presso l’Istituto Sant’Anna, in via Lanera 14, si apre da domani, 24 maggio e sino al 25, la due giorni del convegno internazionale di studi “Don Milani e noi – L’eredità e le sfide di oggi”, organizzato dall’Università degli Studi della Basilicata, dall’Associazione Pedagogica Italiana (As.Pe.I.) e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose Interdiocesano “Mons. Anselmo Pecci” di Matera, come informa in una nota inviata in redazione oggi, l’Addetto Stampa dell’As.Pe.I., Maria De Carlo.
Un convegno dedicato a don Lorenzo Milani, un personaggio scomodo per la sua epoca e dall’insegnamento tutt’ora attuale.
Il cinquantennio dalla sua morte è occasione per ripensare e riflettere sulle sue parole e sulla sua testimonianza di vita in un contesto sociale e culturale odierno molto problematico e bisognoso di “maestri” autentici e coerenti, quale è stato appunto don Milani.
Le due giornate sono ricche ed intense di interventi e di testimonianze ed è previsto un fuori programma, nel pomeriggio del 25, di Michele Pinto, Dirigente scolastico emerito e formatore presso l’agenzia New Form di Potenza che in questi giorni ha dato in stampa un volumetto frutto di riflessioni condivise durante un incontro di studio nell’istituto “G. Fortunato” di Rionero, dedicato al grande maestro dal titolo “Don Lorenzo Milani. L’attualità dell’impegno e del messaggio a 50 anni dalla sua scomparsa”, pubblicato dall’associazione Culturale Memopolis di Rionero e dalla stessa New Form.
In 50 pagine, l’autore presenta in modo chiaro e sintetico, stuzzicando la curiosità- vita, scritti, credo pedagogico, “l’esperienza che il prete-educatore di Barbiana ha messo in atto a suo tempo, come si legge nell’introduzione, le critiche e le censure che ha suscitato, nonchè la riabilitazione postuma della sua figura tanto di sacerdote rivoluzionario, anticonformista, quanto di maestro-educatore anticipatore dei tempi nuovi, non immune da critiche e censure, a suo tempo denigrato ed osteggiato tanto dai tradizionalisti quanto dai conservatori”.
Uno scritto, se pur breve e senza pretesa di essere esaustivo, come lo stesso autore dichiara, è pregno di spunti e di stimoli, di “provocazioni” a quella scuola e a quei docenti, che ancora oggi fanno resistenza alla pedagogia milaniana che punta ad un apprendimento “in grado si suscitare nel ragazzo la gioia ed il gusto di imparare ad apprendere, attraverso esperienze personali dirette, di coinvolgimento emotivo ed affettivo alle attività didattiche e alla vita scolastica”, come si legge nel capitolo dedicato alla nuova didattica, nella scuola di Barbiana.
Un volume “stuzzicante” che facilmente potrà essere diffuso nelle scuole e tra i docenti, come una sorta di vademecum da cui ripartire per ritrovare e rinnovare la propria vocazione a “fare” scuola.
Pinto, che è stato anche un maestro amato e stimato dai suoi allievi, ha avuto come faro del suo insegnamento don Lorenzo Milani.
Pertanto la sua è una rilettura non semplicemente da studioso ma da “allievo” che, come si evince tra le righe, ha passione e curiosità tanto da portarlo a fare un originalissimo e interesse accostamento a Wittgenstein, al maestro-filosofo.
Entrambi fautori di una scuola che privilegia l’apprendimento della lingua, l’arricchimento e la competenza linguistica, quale strumento per leggere e comprendere la realtà.
In questa rilettura, Pinto non tralascia il riferimento alla storia della scuola in Basilicata, dove l’interesse per l’impianto innovativo di don Milani fu recepito e realizzato in particolare nel 1° Circolo didattico di Melfi e nella scuola Domiziano Viola di Potenza, dal 1971 in poi.
Pinto offre, con il suo volumetto, un’opportunità di riflessione sui principi fondamentali che caratterizzarono la pedagogia e la metodologia della scuola di Barbiana, un rinnovamento che don Milani pagò caro per le calunnie e per le critiche.
Ma lui andò avanti per la sua strada.
Il suo motto “I care” (mi interessa, ho a cuore) fu la vera risposta.
Una risposta radicata nella scelta evangelica di fondo che don Milani aveva fatto: prendersi cura degli ultimi.
E l’autore chiude con una riflessione proprio sull’attualità del prete “scomodo” come fu definito, richiamando la visita di Papa Francesco a Barbiana e l’intenzione di avviare un processo di beatificazione.
Il richiamo e le provocazioni che Michele Pinto suscita sono di una “attualità” disarmante che mette in discussione la società, gli insegnanti e la scuola odierna.
Certo il Ministero della Pubblica istruzione, nel commemorarlo lo ha definito “precursore della scuola aperta ed inclusiva, pioniere per le risposte personalizzate”, come l’autore riporta, ma nello stesso tempo Pinto riporta quell’attualità ai giorni nostri nelle tante fragilità a cui siamo chiamati a rispondere come educatori, come Chiesa, istituzioni, come politici, come uomini di buona volontà.
Il volume, più che completo, si apre con la presentazione del Direttore della New Form, Angelo Sabia, del Dirigente Tecnico MIUR, Gerardo Antonio Pinto e con un’originalissimo acrostico della mistica Cristina di Lagopesole che non fa mancare nelle ultime pagine foto del Priore di Barbiana con i suoi ragazzi e alcune indicazioni bibliografiche.
Redazione