Nella prima mattinata di oggi, mercoledì 9 ottobre, in Basilicata, durante un’operazione anti caporalato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza ed eseguita dalla Squadra Mobile della Questura del capoluogo lucano, è stata sgominata un’associazione per delinquere dedita all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro.
Dunque, ancora una volta, si è ritornato a parlare di abusi sul lavoro.
L’indagine si è sviluppata nell’arco di circa 2 anni, ha permesso di accertare l’esistenza del fenomeno anche nella provincia di Potenza e in particolare nell’area Nord, ha coinvolto l’attività agricola legata alle produzioni del pomodoro e della viticoltura.
Anche in questa occasione, vi erano numerosissimi extracomunitari costretti a lavorare in condizioni disumane e per pochi spiccioli.
L’investigazione ha riguardato complessivamente 19 indagati e 6 sono le persone destinatarie di misura cautelare dei domiciliari per aver dato vita all’associazione, tra queste l’mprenditore agricolo, Michele Pinto, originario di Palazzo San Gervasio, ritenuto il capo dell’associazione ed altri cinque caporali di nazionalità africana
È stato accertato dagli investigatori che oltre alle condotte di sfruttamento del lavoro e del suo utilizzo in condizioni degradanti, venivano, anche, “vendute”, per un cifra non accertata, dai datori di lavoro italiani ad alcuni lavoratori extra-comunitari, delle compiacenti dichiarazioni in cui veniva falsamente attestato che il lavoratore extracomunitario usufruiva di un alloggio stabile in fabbricato appartenente agli indagati, il tutto per consentire al lavoratore di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
L’associazione operava nei comuni di Lavello, Venosa, Montemilone, Maschito, Palazzo San Gervasio e Banzi, centri interessati dalla raccolta del pomodoro e dell’uva, che viene svolta, oramai, per lo più, da parte di cittadini extracomunitari di origine magrebina e dell’Africa subshariana.
I cittadini stranieri, circa 200, come si legge in un comunicato stampa inviato in redazione, erano alloggiati in una barraccopoli, nelle vicinanze di un edificio, meglio conosciuto come “casa gialla”, di proprietà del Pinto, situata a Palazzo San Gervasio, in contrada Matinelli, ora posto sotto sequestro preventivo ai fini della confisca, dove venivano ricoverati i furgoni utilizzati per condurre, dietro pagamento, i braccianti a lavoro nei vari campi della zona.
L’immobile, era completamente asservito alle illecite finalità di sfruttamento dei braccianti, che qui si recavano per ricevere, dietro pagamento, acqua potabile, cibo e finanche l’energia elettrica per poter ricaricare i propri telefoni, a fronte di poche misere somme di guadagno giornaliero.
Le indagini intanto proseguono, non sono chiuse assolutamente, mentre gli investigatori indagano anche su di una possibile truffa perpetrata all’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale).
Il tutto è stato fornito in una conferenza stampa svoltasi nella tarda mattinata di oggi presso il Palazzo di Giustizia, negli uffici della locale Procura, alla presenza del Procuratore Capo, dott. Francesco Curcio, del pm, dott. Francesco Cavone, del Capo della Squadra Mobile, dott. Donato Marano, del pm del dott. Antonio Mennuti, Vice Dirigente della Squadra Mobile.
Rocco Becce
Direttore Editoriale