In Lombardia, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Brescia, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica e il supporto del SCICO (Servizio Centrale Investigativo Criminalita Organizzata) di Roma ha individuato, presso uno studio commercialista bresciano, una vera e propria fabbrica di evasione fiscale.
L’indagine ha visto coinvolti, a vario titolo, un centinaio di persone di varie province italiane.
Brescia, Bergamo, Torino, Milano, Verona, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Vicenza, Pavia, Roma, Napoli e Bari sono le città coinvolte e ha per oggetto circa mezzo miliardo di euro di false operazioni, tra fatture per operazioni inesistenti e crediti fiscali fittizi, che hanno consentito ai presunti truffatori di guadagnare circa 80 milioni di euro.
Nelle ultime ore, le Fiamme Gialle hanno proceduto a dare esecuzione ad un’ordinanza di custodia
cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Brescia che riguardano 22 persone.
Durante l’operazione denominata “Evasione continua“, 17 sono finite in carcere e 5 ai domiciliari, accusate di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro.
Sono state notificate anche 2 misure interdittive dalla qualità di imprenditore amministratore di società commerciale.
Tra i presunti indagati anche un noto ex prelato, F.C., nato in Basilicata, a Tursi, in provincia di Matera, l’8 marzo del 1930.
Il sodalizio, schematicamente, aveva quattro finalità, la prima consisteva nel produrre servizi tributari illeciti, attraverso continaia di società di comodo, sia nazionali che estere e prestanomi.
Lo scopo prioritario, come informa una nota stampa inviata in redazione dal Comando Provinciale della GdF di Brescia, era la produzione di crediti fittizi e fatture, per operazioni inesistenti per clienti interessati ad abbattere le imposte.
La terza finalita consisteva nello sviare eventuali attivita di controllo, attraverso il traffico di influenze illecite e le intimidazioni ad eventuali interessati che volessero collaborare con la Guardia di Finanza.
Infatti, gli indagati, percepita l’attenzione degli investigatori a fronte di acquisizioni documentali effettuate dai finanzieri presso le società cartiere da loro gestite, si rivolgevano a faccendieri conosciuti tramite reti di relazioni al fine di ottenere informazioni privilegiate sui controlli in corso.
Tra i faccendieri remunerati per la millantata attività di intermediazione, rivelatasi del tutto inefficace, emergono due falsi appartenenti, rispettivamente, alle forze dell’ordine ed ai servizi segreti nazionali.
Non sono mancati i tentativi di intimidazione nei confronti di chi potesse fornire informazioni utili
alle indagini, risultati vani anche grazie all’intervento preventivo degli investigatori che hanno attivato appositi dispositivi di tutela.
Ultimo scopo del sodalizio era quello di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale, immettendolo nel mercato e trasformandolo in potere d’acquisto apparentemente lecito da reinvestire in nuove attività.
Lo spessore professionale delle persone coinvolte, consentiva di monetizzazione denaro contante anche con prelievi da conti correnti esteri.
Il sodalizio si avvaleva di una squadra di corrieri specializzati nel trasporto, su auto, di denaro contante in vari Paesi europei tra cui Slovenia, Croazia e Ungheria.
Le indagini hanno permesso di sequestrare, sino ad oggi, banconote “cash” per un valore complessivo di 2,1 milioni di euro, attraverso operazioni internazionali di Polizia, anche con interventi effettuati direttamente in territorio estero, grazie alla diretta collaborazione della locale Autorità Giudiziaria e delle forze di Polizia straniere.
Oltre 1 milione di euro in contante è stato rinvenuto presso le cassette di sicurezza di una filiale di una banca croata.
L’operazione è stata possibile grazie alla tempestiva predisposizione di più Ordini di Indagine Europei emessi dalla Procura di Brescia che hanno consentito di attivare prontamente le varie autorità estere.
Altri sequestri sono stati eseguiti dalle Fiamme Gialle controllando le autovetture all’atto della “reimportazione” dei profitti illeciti da altri Paesi europei, dove erano stati appositamonte occultati con il contributo di un “colletto bianco” estero.
Un professionista estero ungherese aveva lo specifico compito di occultare il denaro proveniente dall’evasione fiscale, aprendo e gestendo per conto dei promotori del sodalizio, conti correnti accesi in Ungheria e in altri Paesi oltre al reimpiego del profitto nelle proprie attivita economiche.
L’attività di indagine ha permesso di rilevare come i sodali abbiano reimpiegato parte degli illeciti proventi nelle loro attività economiche, capitalizzandole ed acquisendo asset patrimoniali e conti correnti nello Stato del Vaticano presso l’Istituto per le Opere di Religione.
Sono stati individuati tentativi, da parte dei principali professionisti indagati, di aprire conti correnti presso l’istituto di credito vaticano, dove depositare il profitto dal reato.
La cooperazione con la Polizia vaticana, ha, così, consentito di ricostruire tutti i passaggi dei tentativi di pulizia del denaro sporco, scongiurando il travaso dei profitti oltre confine e l’utilizzo di trust simulati.
Al fine di occultare parte dei “fondi neri”, i promotori del sodalizio hanno costituito un trust simulato, tra cui erano nascosti anche beni immobili situati fuori dal territorio dello Stato.
L’indagine ha, dunque, consentito di ricostruire le fasi, i ruoli, i trasferimenti e i passaggi di denaro
dell’associazione per delinquere, permettendo di smantellare il gruppo criminale e di recuperare i patrimoni illeciti con il sequestro eseguito dai militari delle Fiamme Gialle.
Rocco Becce
Direttore Editoriale