Ennesima operazione anti caporalato, questa volta eseguita tra la Calabria e Basilicata e denominata “Demetra“.
Oltre 300 militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Cosenza, durante la scorsa notte, con l’ausilio dei Reparti di Catanzaro e Crotone, hanno dato esecuzione, tra le province di Cosenza e Matera, ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Castrovillari, dott. Luca Colitta, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica, dott. Flavio Serracchiani.
60 sono le persone coinvolte ed indagate di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’attività delle Fiamme Gialle ha portato all’applicazione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 38 ordinanze di arresti domiciliari e 8 ordinanze all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Inoltre, si è proceduto al sequestro preventivo di 14 aziende agricole, di cui 12 ubicate in provincia di Matera e 2 in provincia di Cosenza, per un valore stimato di quasi 8 milioni di euro, oltre a 20 mezzi utilizzati per il trasporto dei braccianti agricoli reclutati per un lavoro da schiavitù che lavoravano e vivevano in condizioni degradanti, alloggiando in strutture fatiscenti, spesso in sovrannumero, procurate dagli indagati, e per le quali erano costretti a corrispondere una somma di denaro per abitarvi.
L’indagine, trae origine dal controllo, effettuato a marzo del 2019, durante un’operazione contro il lavoro nero, condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Montegiordano, all’epoca al comando del Luogotenente Massimiliano Montinaro, quando fu fermato un furgone, diretto nelle campagne lucane, che percorreva la “Strada Statale 106 Jonica”, con a bordo 7 braccianti agricoli provenienti dalla zona di Sibari, come da link qui pubblicato.
Le verifiche, durate più di un anno, hanno visto gli investigatori impegnati in un’intensa attività di intercettazione, tra cui mirati servizi di osservazione e pedinamento, localizzazioni GPS, sequestri, acquisizioni documentali ed assunzione di sommarie informazioni.
Oltre 200 i braccianti reclutati per la manodopera nei campi, chiamati “scimmie”, costretti a lavorare in assenza di qualsiasi dispositivi di protezione individuale, impiegati in turni di lavoro usuranti, costretti ad accettare condizioni di lavoro degradanti e non conformi alle prescrizioni vigenti nel settore, per guadagnare soltanto pochi centesimi al giorno e a bere acqua dai canali di scolo.
L’organizzazione era composta da 16 caporali ai vertici del sodalizio criminale con compiti di direzione e controllo dell’attività illecita che decidevano sulle modalità del reclutamento, le condizioni dell’impiego da fissare sui campi dei singoli braccianti, i rapporti con gli imprenditori utilizzatori della manodopera, oltre ad organizzare i furgoni utilizzati per il trasporto dei braccianti reclutati presso le diverse aziende e il tipo di pagamento da effettuare.
Coinvolto in questa pessima storia anche un dipendente dell’amministrazione comunale di Rossano, in provincia di Cosenza.
Abusando del suo ruolo, favoriva i vertici dell’organizzazione criminale rilasciando documenti di identità e certificati di residenza in favore dei braccianti reclutati, al fine di regolarizzarne la posizione sul territorio, il congiungimento dall’estero con i parenti e consentire la fittizia assunzione da parte dei caporali anche con matrimoni di comodo che, a breve tempo venivano annullati con procedimenti di separazioni personale prima e divorzio poi, grazie a falsi testimoni.
Ad informarlo in una nota stampa inviata in redazione, il Comando Provinciale della GdF di Cosenza, dove nel corso della mattinata, durante una conferenza stampa, sono stati forniti tutti i dettagli dell’operazione.
Rocco Becce
Direttore Editoriale