Si ritorna per l’ennesima volta a parlare di cinghiali e l’invasione in Basilicata, da più parti, è stata definita una vera e propria emergenza, sia per le varie coltivazioni che per incidenti sulle strade, di cui ce ne siamo anche noi sempre occupati.
Una più grande preoccupazione è, però, il pericolo sanitario legato alla possibilità che questi animali selvatici possano trasmettere malattie.
Infatti, potrebbero contagiare altri animali domestici e l’uomo.
A lanciare l’allarme di questa non remota possibilità è l’ARA (Associazione Regionale Allevatori) della Basilicata.
“Sappiamo tutti – spiega Palmiro Ferramosca, presidente dell’ARA Basilicata – che il cinghiale è, tra le specie selvatiche, una delle popolazioni animali a vita libera divenuta a maggiore densità di popolazione”.
“Un fenomeno – evidenzia Ferramosca – che, oltre al crescente numero di persone che si dedicano alla sua caccia, ha di fatto determinato un drastico aumento delle occasioni di contatto tra cinghiale e le specie animali domestiche e tra cinghiale ed uomo, ponendo spesso seri problemi non solo di incolumità, ma anche di ordine sanitario. Infatti, può fungere da ospite o essere semplicemente da serbatoio di malattie di comune riscontro nella fauna selvatica, sia di quelle cosiddette emergenti o come la peste africana, la malattia vescicolare dei suini e la stessa tubercolosi e trichinellosi. Quindi, per questo, è necessario un intervento delle Istituzioni regionali, affinchè venga limitata la loro proliferazione che, ormai, ha raggiunto un numero elevatissimo su tutto il territorio regionale”.
“Non è più raro – aggiunge Ferramosca in un comunicato stampa inviato in redazione – incontrare una famiglia di cinghiali fuori dai boschi, direttamente nei centri cittadini e ancor di più nei pressi degli allevamenti zootecnici sparsi sul territorio regionale. Ecco perchè la preoccupazione dei nostri allevatori, che già devono registrare gli ingenti danni che orde di questi animali fanno ai raccolti di mais, alle coltivazioni in atto ed alle stesse recinzioni, si concentra su quello che può essere una vera bomba sanitaria se gli animali selvatici in qualche modo vengono a contatto con i cani o con gli stessi capi presenti in allevamento o portati al pascolo”.
“A questo punto è urgente rispondere con mezzi anche straordinari – conclude Ferramosca – anticipando ed ampliando il periodo di caccia, per diminuire il numero dei cinghiali che è giudicato da tutti controproducente anche alla conservazione dell’ambiente e dei territori rurali”.
Redazione