Durante un’operazione denominata “Real Estate“, eseguita dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Ascoli Piceno, guidato dal Col. Michele Iadarola, per fallimenti nel settore edile, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente, è stato posto sotto sequestro un’unità immobiliari e 6 persone sono state denunciate.
È quanto accaduto nei giorni scorsi, ancora una volta nel settore dell’edilizia, come viene informato in redazione.
Le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ascoli Piceno hanno definito un’altra importante attività di indagine diretta dalla locale Procura della Repubblica, sempre in materia di reati fallimentari, culminata con il sequestro di unità abitative acquistate con disponibilità provenienti dalla distrazione dalla fallita di 322mila euro.
Gli amministratori e soci coinvolti in quest’altra storia, su cui si indaga ancora, sono stati ritenuti responsabili di distrazioni e dissipazioni per oltre 8 milioni di euro e di un abusivo ricorso al credito per 10 milioni di euro.
Anche in questo caso, come già verificatosi per l’operazione “Nemesi“, si è intervenuti nei confronti di una società dapprima ammessa alla procedura del concordato preventivo e, quindi, arrivata al fallimento con sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, in relazione ad un aggravamento del dissesto per circa 3,8 milioni di euro, passato da 709mila euro di deficit patrimoniale del 2008 ai 4,5 milioni di euro del 2015.
Non poco articolate sono state le evoluzioni che hanno portato alla decozione la società, punto operativo di una serie di altre imprese dello stesso settore commerciale operanti, principalmente, nelle Marche, Abruzzo e Toscana, facenti tutte capo ai tre imprenditori, amministratore e soci, della fallita.
Sette sono state le imprese in forte crisi economico-finanziaria a seguito del default della principale società operativa poi fallita e, di conseguenza, quali società correlate, finite nel cerchio delle indagini.
Dalla sentenza di fallimento, risalente al 2015, i tre imprenditori, rivestenti, a diverso titolo, le qualità di amministratori e di soci, avevano perseverato nella loro gestione, allorchè in forte difficoltà finanziaria, concorrendo a cagionare e ad aggravare il dissesto della società attraverso una serie di operazioni distrattive e/o dissipative, in vista dell’inevitabile fallimento.
Omessa contabilizzazione di rilevanti poste di bilancio, quali le cessioni di immobili per circa 3 milioni di euro, avvenute pochi giorni prima del deposito della domanda di concordato preventivo, iscrizione di poste dell’attivo inesistenti per 2 milioni di euro, erogazione di cospicui finanziamenti in favore di parti correlate senza alcuna garanzia e senza attivazioni tese ad ottenerne la restituzione, prestazione di garanzie in favore di società terze per oltre 4 milioni di euro nel corso degli anni in cui la fallita versava in uno stato di evidente crisi e conclamato dissesto, sono alcuni dei principali elementi che hanno consentito di nascondere la reale situazione patrimoniale e finanziaria societaria degli esercizi relativi a ben sette annualità, dal 2008 al 2014, facendone proseguire l’attività pur in assenza dei requisiti previsti dalla legge.
In breve, le prerogative della Polizia Giudiziaria arrivano alla piena inclusione di quelle di Polizia Economico-Finanziaria, nel frattempo arricchite anche attraverso l’interrogazione dell’Archivio dei rapporti con operatori finanziari e alla contestuale esecuzione delle indagini finanziarie; 16 sono state in definitiva le società che, al pari dei 3 imprenditori indagati, si sono viste scandagliare tutti i rapporti bancari intrattenuti, negli anni, con una moltitudine di istituti di credito.
Un lavoro certosino, che ha portato a delineare condotte illecite a carico degli stessi 3 imprenditori, deferiti per “Bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata per distrazione”, “Bancarotta fraudolenta per dissipazione”, “Bancarotta fraudolenta aggravata da reato societario”, “Bancarotta fraudolenta preferenziale aggravata”, “Bancarotta fraudolenta documentale”, “Ricorso abusivo al credito” e “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”.
In fase immediatamente successiva, i militari delle Fiamme Gialle hanno circoscritto fatti penalmente rilevanti in capo ad altre tre persone, Presidente e membri del Collegio sindacale della fallita, segnalati alla Procura della Repubblica per bancarotta semplice aggravata in ordine a false attestazioni riportate nelle relazioni di accompagnamento ai bilanci societari di 5 annualità, venendo, quindi, meno agli obblighi di controllo e vigilanza, previsti dalla legge a presidio del corretto operato degli amministratori.
Si è arrivato, così, al sequestro delle unità abitative disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Ascoli Piceno, ultimo atto di un’indagine che, tra l’altro, è stata in grado di intercettare e ricostruire gli interi flussi finanziari, sin anche a disvelare i meandri della vendita, da parte della società fallita, dei due immobili, ceduti ai figli di uno degli stessi indagati.
Un’operazione commerciale già nelle attenzioni della GdF, per la sua rilevata mancanza di valide ragioni economiche e, come poi confermato, effettuata a soli fini distrattivi, essendo una cospicua parte di denaro della transazione risultata provenire dalle casse della stessa fallita.
Marianna Di Ciancia