In Sicilia, la Corte d’Appello di Palermo ha emesso nei confronti di un imprenditore di Monreale, un provvedimento di confisca con il quale ha confermato quanto già deciso dal Tribunale di Trapani nel 2016, a seguito di una proposta avanzata dal Direttore della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) che ne ha dato notizia.
La parabola imprenditoriale dell’indagato, iniziata nei primi anni del ’70, lo ha fatto legare indissolubilmente con i destini delle famiglie mafiose del mandamento di Mazara del Vallo.
Infatti, aveva rilevato, con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale a servizio di “Cosa nostra”, un importante complesso turistico sul litorale di Campobello, nel quale erano già stati investiti notevoli capitali, provento di attività illecite.
Negli anni più recenti, l’uomo ha avuto accesso a rilevantissimi finanziamenti pubblici nazionali e comunitari, coinvolgendo nei propri progetti anche gli interessi di persone di spicco della mafia di Castelvetrano.
Le approfondite investigazioni svolte avevano permesso di accertare l’esistenza di una palese situazione di sperequazione tra i redditi dichiarati dall’imprenditore ed i beni accumulati negli anni.
Ciò, si è rivelato fondamentali per la conferma, da parte del Giudice di secondo grado, del provvedimento ablativo impugnato dall’imprenditore.
La confisca ha riguardato il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore stimato in oltre 100 milioni di euro, consistente in appartamenti, terreni, conti bancari e compendi aziendali, tra cui un noto complesso turistico che ospitava anche ville in possesso di noti boss mafiosi.
Inoltre, è stata confermata anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 3 anni con l’obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza.
Redazione