La notte scorsa, operazione della Squadra Mobile di Potenza, su disposizione della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Potenza.
15 sono le persone tratte in arresto dalla Sezione Criminalità Organizzata della Questura potentina, nell’ambito di una nuova attività d’indagine condotta sul “Clan Riviezzi” di Pignola, nel potentino.
Associazione mafiosa, estorsione tentata e consumata, aggravate dall’agevolazione e dal metodo mafioso, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale, false informazioni al pm aggravate.
Sono queste le accuse che hanno portato ad 8 misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di R.F.M., R.V., L.D., P.M., C.M.A., B.F. e F.F.
Agli arresti domiciliari sono finiti N.R., T.M., P.P., R.N., M.G., P.A. e F.P.
Le indagini, avviate sulla base dell’analisi forense dei cellulari sottoposti a sequestro in quella circostanza, e sviluppate attraverso serrati interrogatori, intercettazioni, acquisizione di tabulati telefonici ed escussione a sommarie informazioni di numerose persone, hanno consentito di acquisire gravi indizi nei confronti del sodalizio pignolese nel settore delle estorsioni.
Gli approfondimenti investigativi hanno consentito l’acquisizione di gravi indizi in ordine a 5 condotte di recupero crediti presso imprenditori e commercianti che, secondo l’ipotesi accusatoria, avvenivano con metodologie intimidatorie di stampo tipicamente mafioso, mediante evocazioni, anche esplicite, al clan in questione, destinatario di una percentuale degli introiti, almeno in un caso, facendo ricorso all’uso di un’arma da fuoco.
Le condotte, contestate a titolo di estorsione, a seconda dei casi tentata o consumata, con le aggravanti del metodo e dall’agevolazione mafiosa, grazie alla collaborazione di un pentito, rivestono un arco temporale che va fino al mese di dicembre del 2020.
Tra le vittime delle estorsioni figurano i gestori di una concessionaria di auto, attiva tra le province di Potenza e Salerno, il gestore di un bar di Potenza, un marmista di Matera, gli esercenti di un’attività di agriturismo di Tito ed un imprenditore lucano, attivo nel settore della macellazione, attinto dalla misura degli arresti domiciliari applicata a suo carico per le reticenze e false dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica.
Infatti, sempre secondo le emergenze indiziarie, risulterebbero essere state rese al fine di sviare le indagini e di non infrangere i rapporti omertosi della criminalità a cui era vicino.
Tutti i dettagli dell’operazione sono stati forniti alla stampa durante una conferenza tenutasi nella mattinata di oggi, al terzo piano del Palazzo di Giustizia del capoluogo lucano, all’interno della sala “Emanuele Gianturco“.
Tra i presenti, il Procuratore Capo, dott. Francesco Curcio, il Sostituto Procuratore, dott. Gerardo Salvia, il Questore di Potenza, dott. Antonino Pietro Romeo, il Capo della Squadra Mobile, dott. Marco Mastrangelo e il Commissario Capo, dott. Antonio Mennuti.
Le misure restrittive sono state adottate all’esito di una serie di sviluppi investigativi svolti dagli investigatori della Polizia di Stato, con il coordinamento della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).
Questo avvenne, dopo un’operazione denominata “Iceberg” che ha riguardato il sodalizio criminale e che, per associazione mafiosa, portò, il mese di aprile dello scorso anno, all’applicazione di 17 misure cautelari personali e 2 sequestri preventivi, uno dei quali relativo alla società che gestiva un bar-caffetteria, come da link qui pubblicato.
L’attività commerciale, si trovava, addirittura, all’interno del Palazzo di Giustizia di Potenza.
Rocco Becce
Direttore Editoriale