Lo avevamo capito da molto tempo che qualcosa, in Italia, non ha funzionato durante l’emergenza da “Covid–19“.
Infatti, a Bergamo, dopo circa 3 anni, è stata chiusa l’inchiesta e 19 sono le persone indagate per epidemia colposa, tra politici ed esperti del settore che stavano in tv dalla mattina alla sera, solo per apparire, e niente di più.
Quindi, la Procura ha chiuso l’indagine sulla gestione della prima ondata, con la Guardia di Finanza che ha avviato le notifiche degli avvisi conclusivi per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio.
Il Procuratore Aggiunto di Bergamo, Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno cercato di far luce ed individuare le responsabilità, eventuali o meno, di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita indelebile, in tutti noi e parenti delle numerose vittime.
Mentre noi tutti, eravamo già chiusi nelle proprie case, in tanti sono partiti dal Nord per giungere anche al Sud ed infettare parenti e amici, con una politica davvero assente in quel periodo che nessuno potrà mai dimenticare.
Quindi, la mancata zona rossa è tra le cause principale di contagi e morti, con la diffusione del virus sottovalutata nonostante i dati a disposizione da settimane indicassero che la situazione a Bergamo stava precipitando, in particolare in Val Seriana, dove erano già state inviate le varie forze dell’ordine e militari.
Tra i nomi degli indagati, spicca l’allora premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, Attilio Fontana, ex governatore della Lombardia, riconfermato e, quindi, premiato pure, alle ultime regionali, con il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera e a Roma, il presidente del Consiglio Superiore della Sanità, Franco Locatelli, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro e il coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico nella prima fase dell’emergenza, Agostino Miozzo.
Secondo il pm di Bergamo, sulla base della consulenza affidata ad Andrea Crisanti, ora parlamentare del “Partito Democratico“, la zona rossa a Nembro e Alzano avrebbe evitato sicuramente migliaia di morti.
Se fosse stata istituita il 27 febbraio, le vittime in meno sarebbero state 4.148, al 3 marzo, invece, 2.659 in meno.
Per Conte e Speranza, che risulterebbero iscritti per questo capitolo, gli atti verranno inviati al Tribunale per i ministri di Brescia.
Gli inquirenti hanno tenuto la lente puntata anche sugli altri capitoli che fin dall’inizio erano emersi, da una parte, il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico, fermo al 2006, sia a livello centrale che regionale, dall’altra, la vicenda dell’ospedale di Alzano Lombardo, stretto tra Bergamo e Nembro, l’epicentro, allora, del contagio.
Quindi, cosa potra accadere, prossimamente, su questo fronte?
È sicuramente una domanda da 1 milione di dollari, dopo tutto ciò che abbiamo visto e patito, da Nord a Sud, nel nostro Paese, con politici, di ogni sigla, che non hanno dato alcune risposte di quanto accaduto, mentre il personale sanitario, oltre che ai tanti volontari, hanno dato davvero il massimo a tutti noi.
A proposito, i morti in Italia sono stati ben 188mila, non dimentichiamolo mai questo!
Rocco Becce
Direttore Editoriale