All’alba di oggi, martedì 30 maggio, oltre 160 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna sono stati impegnati, con il supporto del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (S.C.I.C.O.) e di altri Reparti, nell’esecuzione di 41 ordinanze di custodia cautelare, 37 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e un obbligo di dimora.
Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Bologna, Reggio Emilia, Modena, Parma, Milano, Cremona, Brescia, Pavia, Livorno, Roma, Foggia, Potenza, Crotone e Reggio Calabria.
L’operazione è stata condotta a carico di appartenenti a un’associazione a delinquere composta da italiani appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta reggina e crotonese, dedita al traffico internazionale di cocaina, hashish e marijuana.
Le misure cautelari, disposte dal G.I.P. del Tribunale di Bologna dott. Alberto Gamberini, costituiscono l’epilogo di complesse indagini di Polizia Giudiziaria dirette dal dott. Roberto Ceroni della locale Direzione Distrettuale Antimafia, coordinate dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, alla luce di convergenze emerse con altri filoni investigativi delle Procure della Repubblica di Firenze, Potenza e Trento, condotte, per quasi 2 anni, dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna.
Grazie all’acquisizione delle chat criptate intrattenute tramite la piattaforma Sky ECC, smantellata nel 2021 a seguito di un’operazione di un Joint Investigation Team sotto l’egida di Europol, i finanzieri hanno ricostruito la struttura del sodalizio criminale e l’intera filiera dell’approvvigionamento dello stupefacente.
Il leader dell’associazione è stato identificato in un uomo, già noto alle cronache, ai vertici della ‘ndrina “Staccu” di San Luca (RC), latitante in Spagna dal 2018 e tratto in arresto a marzo 2021.
Nel periodo di latitanza, il boss ha tirato le fila di una vastissima rete di narcotraffico internazionale in grado di gestire carichi di stupefacente nell’ordine delle centinaia di chilogrammi al mese, in affari con i potentissimi cartelli sudamericani, tra cui il Primeiro Comando da Capital brasiliano e organizzazioni criminali colombiane, peruviane, messicane e boliviane, e alcuni dei più noti e pericolosi latitanti italiani.
Grazie all’incessante brokeraggio dell’indagato, lo stupefacente, proveniente dai Paesi di produzione Sud-Americani, arrivava nei porti dell’Europa settentrionale, in particolare Anversa e Rotterdam, per essere subito dopo distribuito in tutto il vecchio continente.
Il boss aveva affidato la gestione del mercato italiano a calabresi, promotori dell’associazione, da anni residenti nel parmense e nel reggiano che, avvalendosi di basi logistiche dislocate in Calabria, Lazio e Lombardia, di corrieri e di imprese compiacenti, erano in grado di occuparsi, con indiscussa professionalità e disinvoltura, dei traffici illeciti della cosca.
A segnalarlo è il Comando Generale della Guardia di Finanza.
Redazione