Sono storie che, purtroppo, non vorremmo mai raccontare ma sono quelle che tutti devono conoscere in un Paese dove si è perso il rispetto altrui e sopratutto degli ammalati o dei più bisognosi.
Un dipendente regionale, prossimo alla pensione, per oltre tre anni è stato costretto a subire insieme alla propria moglie un calvario incredibile.
Assistita dal proprio marito, un 62enne di Potenza, la donna, una 54enne, D. L., che vive nel capoluogo lucano, in servizio da 22 anni presso la mensa agenti della “Casa Circondariale Antonio Santoro” di Potenza, colpita da un tumore al seno, e ne abbiamo già più volte parlato, è stata licenziata dalla ditta “Slem” di Piano di Sorrento, in provincia di Napoli, mentre ad agosto 2015 effettuava cicli di radioterapia al Crob di Rionero in Vulture, in provincia di Potenza, dopo essersi sottoposta a cicli di chemioterapia al San Carlo di Potenza e non aver avuto diritto a nessun contributo per alcune medicine e due parrucche utilizzate durante un percorso che non si augura davvero a nessuno.
La ditta vincitrice di gara, ovviamente a forte ribasso come da prassi consolidata nel nostro sistema, dopo altre ditte che hanno dato altri problemi ai 10 dipendenti delle tre carceri lucane di Potenza, Matera e Melfi, ha pensato bene, anzi male, di licenziare l’allora 52enne per sborsare uno stipendio in meno.
È partita, così, una denuncia e il Tribunale del capoluogo lucano, in un’udienza di conciliazione svoltasi il 23 maggio 2017, il Giudice del Lavoro, Rosalba De Bonis, ha dato ragione alla donna, reintegrata immediatamente dalla ditta, ma soltanto sulla carta, sino ad oggi e senza ricevere nessun rimborso.
Il marito, invece, è stato assunto 42 anni fa alla Regione Basilicata, grazie ad una categoria protetta, senza alcuna raccomandazione, e questo è bene specificarlo, ora ancora in servizio per colpa della pessima legge Fornero, prossimo all’uscita, dopo anni di onorato lavoro, senza nessuna tessera politica e sindacale in tasca, ancora in categoria B 3, cioè l’ultima, senza mai una promozione da parte dell’Ente, utilizzato sempre come commesso e facchino.
Per aver finito il periodo della malattia, a causa delle problematiche dovute alla malattia inaspettata della moglie, altrimenti rischiava il licenziamento in tronco, è stato costretto a rientrare in ufficio lo scorso 15 gennaio, grazie ad un collega e non ad una lettera ufficiale dell’Ufficio del Personale che per anni non avendolo dotato neanche di un pc la sua carriera non è anche per questo andata avanti ritrovandosi indietro in tutto rispetto ai suoi stessi colleghi assunti molti anni dopo, ma questa è altra cosa che riguarda una prossima denuncia a chi di competenza.
Ma la storia non è finita, anzi continua e alla grande.
Senza alcun preavviso, il lavoratore si è visto “tagliare” la sua busta paga nel mese di febbraio scorso da 801.50, già bassa per altre trattenute, a 126.54 euro, pari al 90% della retribuzione mensile, con una violazione subita sui suoi diritti, ed ha immediatamente chiesto spiegazioni, chiedendo un dilazionamento agli autori del “pignoramento” effettuato dall’Ufficio Risorse Umane e Organizzazione, di viale Vincenzo Verrastro 4.
Nella tarda serata di ieri, giovedì 25 maggio, dopo una precedente lettera di spiegazioni inviata lo scorso 10 aprile all’ufficio regionale preposto, presso la Giunta regionale, senza alcun seguito, lo “Studio Legale Singetta” di Potenza, incaricato dal dipendente regionale, si è messo a sua disposizione ed ha inviato un ultimatum per la restituzione, entro 10 giorni, della somma non corrisposta per il periodo di malattia con la semplice richiesta di un dilazionamento.
Su un caso simile e non è l’unico in Italia, in merito si è pronunciata per la sua illegittimità il Tribunale di Livorno, in funzione del Giudice del Lavoro, innanzi alla Corte Costituzionale.
Come finirà questa storia, lo sapremo, speriamo a breve.
Una situazione che ha colpito due persone in un momento molto particolare della loro vita con continui accanimenti su storie vergognose di questo tipo che accadono quotidianamente non solo a Potenza ma anche in giro per l’italia e tanti non hanno la forza, la pazienza o anche la disponibilità per passare anni tra avvocati e giudici per avere giustizia, in un Paese giunto da tempo alla deriva.
In questo caso, ma anche in tanti altri, che in pochi hanno voglia di denunciare, tutta la politica e i sindacati di categoria che invece guadagnano tanto, hanno taciuto, al contrario parlano su cose a volte più che inutili, ma sembra che stia per arrivare un cambiamento in una regione ricca di petrolio ma con la benzina che la paghiamo più cara di tutti, oltre a tanta disoccupazione.
Intanto, per le altre eventuali segnalazioni su casi specifici non perdete tempo a denunciarle, fatelo subito alla nostra redazione e condividete l’articolo sui social network per far capire, ovunque, come ci hanno ridotto in questa regione.
Rocco Becce
Direttore Editoriale