Come vi avevamo promesso nei giorni scorsi, ritorniamo ad occuparci di un’ingiustizia che continua da oltre tre anni verso D.L., una 54enne colpita da un tumore al seno che in data 5/2/2016 è stata riconosciuta dalla Commissione medica “invalida con totale e permanente inabilità lavorativa”, con infermità revisionabile allo scorso mese di aprile.
“Le comunico che non è stato possibile accogliere la domanda in oggetto presentata il 20/12/2018 per il seguente motivo:
Non permangono le condizioni che dettero luogo al riconoscimento dell’assegno di invalidità ai sensi dell’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222 che, pertanto, sarà revocato.
Contro il presente provvedimento può essere inoltrato ricorso amministrativo al Comitato Provinciale entro 90 giorni dalla data di ricezione dello stesso art. 45 legge 9 marzo 1989, n.88, inviato esclusivamente online, se in possesso, di credenziali SPID o del codice PIN dispositivo rilasciato dall’INPS, utilizzando l’apposita procedura del sito www.inps.it, seguendo il percorso Accedi ai servizi – Servizi per il cittadino – Ricorsi online per il tramite degli Enti di patronato e degli altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Istituto.
Se non interviene alcuna decisione nei successivi 90 giorni, potrà essere proposta un’azione giudiziaria entro 3 anni dalla data di scadenza del termine previsto per la decisione del ricorso stesso”.
Questo è quanto comunicato in una semplice lettera inviata dalla sede INPS del capoluogo lucano, recapitata all’interessata nella giornata di ieri, giovedì 18 aprile con oggetto “Reiezione domanda di conferma assegno di invalidità”.
Dopo 3 anni di lunghe sofferenze, un difficile intervento, cicli di chemioterapia e radioterapia ed ora sotto prescrizioni mediche e controlli periodici per altri probabili 10 anni, la donna, nata ad Avigliano e residente a Potenza, si è vista togliere una “misera” pensione dovuta di 409 euro.
Questo è accaduto subito dopo essere stata anche licenziata dal posto di lavoro, poi, reintegrata dal giudice del lavoro del Tribunale di Potenza e risarcita con gli interessi dalla ditta campana SLEM che operava nella mensa agenti della Polizia Penitenziaria del capoluogo lucano.
Ora si ritornerà a denunciare quest’ulteriore abuso, purtroppo legalizzato dallo Stato italiano e da tutta la filiera politica nazionale compiacente che continua in questo triste e vergognoso intento contro anziani e ammalati anche gravi, che nei mesi scorsi abbiamo visto piangere nei corridoi dell’INPS per colpa di situazioni stucchevoli che vi abbiamo sempre aggiornato e con incentivi, su ciò, previsti alle commissioni mediche del quale un legale romano ha già presentato denuncia a chi di competenza.
Continueremo, comunque, a parlare di questo caso e di altri incresciosi drammi che colpiscono i tanti cittadini, mentre i nostri ex consiglieri regionali continuano a prendere ancora vitalizi di ogni genere che arrivano sino ai circa 8mila euro mensili e speriamo che la “pacchia” finisca quanto prima.
A livello comunale e regionale, vogliamo sottolinearlo, nessun politico, spostatisi per propri interessi e di lobby dal centrosinistra al centrodestra o viceversa, non si è mai occupato di questo caso, tantomeno di altri, come gli stessi sindacati di categoria.
In questa triste storia, che ora proseguirà negli studi legali, ne ha pagato le conseguenze anche il marito, dipendente della Regione Basilicata, che al suo rientro in ufficio, dopo aver assistito per legge alla propria consorte, a febbraio 2018, si è visto decurtare, senza alcuna vergogna da parte dell’Ente, la sua busta paga a 126,54 euro.
Se avete casi di questo tipo da segnalarci, anche anonimamente, fatelo subito alla nostra redazione e ai seguenti recapiti: robexdj@gmail.com – 0971/445220 – 330/659672.
Marianna Di Ciancia