Si chiama Enrico Trovato, il 44enne di Peschiera Borromeo, in provincia di Milano, dirigente dell’ENI Spa, all’epoca dei fatti, dal 2014 al 2017, responsabile per la Basilicata, del COVA di Viggiano, in provincia di Potenza, posto agli arresti domiciliari, nella mattinata di oggi, martedì 23 aprile, dai Carabinieri del NOE (Nucleo Operativo Ecologico).
13 sono le persone fisiche ed una persona giuridica, l’ENI, indagate per disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale ed altro, come si legge in una nota stampa inviata in redazione, che lunedì prossimo, 29 aprile, saranno sottoposte agli interrogatori di garanzia.
A questo risultato si è arrivato dopo un’attività d’indagine iniziata nel gennaio del 2017, coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza, diretta dal dott. Francesco Curcio e delegata ai Carabinieri del NOE di Potenza, al comando del Maggiore Luigi Vaglio che hanno svolto i relativi accertamenti delegati dall’Autorità Giudiziaria ed eseguito l’arresto in Lombardia.
Il procedimento penale, in qualità di indagati, in un altro filone d’inchiesta ENI, riguarda oltre ad alcuni dirigenti della società petrolifera, di cui almeno per ora non ne sono stati forniti i nomi, anche alcuni pubblici ufficiali del CTR (Comitato Tecnico Regionale) della Basilicata, organo pubblico di vigilanza sugli impianti a rischio incidenti, che avevano il compito di controllare il profilo della sicurezza e degli evidenti rischi ambientali, ma da quanto sembra, come precisato oggi, nulla hanno fatto.
Nel febbraio 2017 i militari eseguirono numerosi controlli nell’area industriale di Viggiano individuando un pozzetto, poi, posto sotto sequestro, al cui interno defluivano di continuo acque miste ad idrocarburi, simili a quelle rinvenute nel depuratore.
Fatti noti sin dal 2012 alla dirigenza del “Di Me”, unità di vertice dalla quale dipende il “Centro Olio Val d’Agri”, caratterizzati dalla presenza di fori passanti sul fondo che avevano dato luogo a perdite di prodotto, mai comunicate agli organi competenti.
I dirigenti, inoltre, prendevano degli incentivi, oltre ai loro lauti stipendi, in base alla quantità di petrolio estratto dal terreno che continuava a produrre inquinamento giorno dopo giorno e per lunghi anni, fonte individuata nei serbatoi di stoccaggio del greggio stabilizzato.
Da sottolineare, come l’attenzione effettuata sui controlli avessero evidenziato che, all’epoca, i serbatoi erano privi dei cd doppi fondi, una misura precauzionale elementare ma di evidente importanza per evitare dispersione nell’ambiente del greggio stabilizzato contenuto nei serbatoi, che venivano, però, realizzati subito dopo il disastro ambientale.
I dettagli delle indagini e dell’operazione portata a termine nelle ultime ore, sono stati forniti durante una conferenza stampa svoltasi nella tarda mattinata di oggi, presso gli uffici della Procura della Repubblica di Potenza, al quarto piano del Palazzo di Giustizia del capoluogo lucano, in via Nazario Sauro, dove erano presenti il Procuratore Capo dott. Francesco Curcio, il pm Laura Triassi e i militari dell’Arma del NOE, il Gen. Maurizio Ferla, il Ten. Colonnello Fernando Maisto e il Maggiore Luigi Vaglio.
Rocco Becce
Direttore Editoriale