Nel Lazio, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, nel corso di una maxi-operazione congiunta condotta con i Finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria Roma, hanno eseguito nella mattinata di oggi, venerdì 23 giugno, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma su richiesta della locale DDA, nei confronti di 23 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di appartenere a due distinte associazioni per delinquere finalizzate all’estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, fraudolento trasferimento di beni e valori, con l’aggravante del metodo mafioso.
Nel corso dell’operazione, sono state anche eseguite 30 perquisizioni locali e contestualmente, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma e i Finanzieri del Comando Provinciale GdF di Roma, hanno eseguito 2 decreti di sequestro di beni emessi dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica e DDA di Roma, con i quali sono stati posti sotto sequestro beni immobili, società, automobili di lusso e conti correnti per un valore complessivo di circa 280 milioni di euro.
La maxi-operazione scaturisce da un’indagine dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, convenzionalmente denominata “Babylonia“, riguardante due sodalizi criminali in crescita sul territorio capitolino, con base a Roma e Monterotondo, in provincia di Roma.
Il primo gruppo criminale è riconducibile a Gaetano Vitagliano, personaggio di spicco nel settore del narcotraffico internazionale con fatturati da capogiro, contiguo al clan camorrista degli Amato–Pagano, denominato degli “Scissionisti“, operante a Nord della città di Napoli.
La figura di Gaetano Vitagliano, detto “Nino” emerge a partire dal 2011, in concomitanza della sua liberazione dal carcere romano di Rebibbia, dove era detenuto per traffico internazionale di stupefacenti tra l’Olanda e l’Italia.
Da quel momento, ha costruito un vero e proprio impero, creando attorno alla sua persona un’articolata organizzazione criminale dedita al riciclaggio ed al consequenziale reimpiego di proventi illeciti.
Negli ultimi anni, il gruppo imprenditoriale ha ampliato in maniera esponenziale gli investimenti nel settore commerciale dell’esercizio di bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, sale da gioco con slot e tabacchi, gestiti tramite numerose società intestate fraudolentemente a prestanome ed a suoi prossimi congiunti.
Le indagini hanno certificato i rapporti di natura finanziaria, finalizzati al riciclaggio di denaro sporco, tra Gaetano Vitagliano e Davide Siciliano, detto “Capitone“, noto esponente del clan camorristico Amato-Pagano, attualmente detenuto per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso.
Tali rapporti sono stati mantenuti, durante le fasi dell’attività d’indagine, per il tramite di Luigi Siciliano e Gennaro Capasso detto “Genny“, entrambi elementi di spicco del medesimo clan, rispettivamente fratello e cognato del detenuto Davide Siciliano.
Attraverso un’articolata manovra investigativa, consistita in intercettazioni, servizi dinamici sul territorio ed accertamenti bancari, è stato ricostruito il singolare modus operandi dell’organizzazione criminale.
Gaetano Vitagliano, sfruttando gli ingenti capitali accumulati col narcotraffico, ha acquisito numerosi locali a Roma e Milano, creando società fantasma utilizzate per ripulire il denaro, con la partecipazione di quattro funzionari di banca infedeli, due dei quali tratti in arresto, che veniva poi reimpiegato nel circuito legale, tramite società create per la gestione degli esercizi commerciali, tutte fittiziamente intestate a terzi.
Utilizzando il medesimo stratagemma Gaetano Vitagliano riciclava i proventi illeciti della famiglia Siciliano, da cui riceveva denaro “sporco” che restituiva dopo averlo ripulito mediante cambiali e assegni bancari emessi da imprenditori compiacenti tra cui Giampiero Mei, uno degli arrestati oggi.
Nel corso delle indagini è stato, inoltre, ricostruito un ulteriore complesso canale di riciclaggio e in particolare, Gaetano Vitagliano ha immesso diversi milioni di euro di provenienza illecita, giustificandoli come “finanziamento soci”, in una società di Andrea Scanzani, imprenditore ritenuto appartenente al sodalizio, per la realizzazione di un’imponente opera edilizia nel Comune di Guidonia-Montecelio che dopo aver realizzato il progetto immobiliare, ha poi riconosciuto a Vitagliano la titolarità di fatto di oltre decine di appartamenti tra i 200 edificati e alcuni di questi sono stati poi utilizzati come corrispettivo “in nero” nella compravendita delle attività commerciali rilevate dal gruppo sodalizio di Vitagliano.
L’organizzazione criminale capeggiata da Giuseppe Cellamare, invece, legata al gruppo Vitagliano, attraverso l’imprenditore Andrea Scanzani, è risultata particolarmente attiva nella commissione di gravi delitti contro il patrimonio, realizzati a Monterotondo, in provincia di Roma, tra i quali estorsioni ed usure realizzate con il metodo mafioso, e nel successivo impiego dei proventi illeciti in bar e sale da giochi, fraudolentemente intestati a prestanome.
Giuseppe Cellamare, negli anni ’90, elemento di spicco della “Sacra Corona Unita”, divenuto collaboratore di giustizia, viene trasferito sotto protezione nel Comune di Monterotondo, dove negli ultimi anni ha ricostituito un sodalizio criminale, mutuando le modalità tipicamente mafiose utilizzate in Puglia ed adattandole al contesto territoriale dell’hinterland romano.
Nel corso delle indagini, è emerso che l’organizzazione capeggiata da Giuseppe Cellamare si è imposta nel comune di Monterotondo, avvalendosi della condizione di assoggettamento derivante dalla propria “fama criminale”, ripetutamente affermatasi con atti di violenza compiuti dai membri del sodalizio al fine di recuperare i crediti delle estorsioni e delle usure.
Tra i membri del sodalizio, Giuseppe Cellamare ha inserito alcuni dei suoi vecchi uomini di fiducia dei tempi della S.C.U., specializzati nelle violente spedizioni punitive nei confronti delle vittime.
Durante le indagini, all’organizzazione è stato sequestrato un vero e proprio arsenale, costituito da armi e munizioni comuni e da guerra.
Alcune delle vittime, oltre ad essere state ripetutamente minacciate e picchiate, hanno subito gravi atti intimidatori, quali l’incendio di autovetture.
Oltre ai destinatari della misura cautelare, risultano indagati a piede libero altri 26 soggetti, tutti responsabili a vario titolo dei delitti fine delle associazioni capeggiate da Gaetano Vitagliano e da Giuseppe Cellamare e tra questi rientrano anche un notaio, tre commercialisti e altri dipendenti infedeli di banca.
Sulla base della misura cautelare e sussistendo un’accertata netta sproporzione tra il reddito dichiarato e l’effettiva consistenza patrimoniale, come acclarata nel corso delle investigazioni condotte dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, la Procura della Repubblica di Roma e la DDA hanno chiesto l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale a carico di Gaetano Vitagliano, Andrea Scanzani e Giuseppe Cellamare ottenendo dal Tribunale di Roma-Sezione Misure di Prevenzione, l’emissione di un provvedimento di sequestro dei beni.
Nel corso della mattinata, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma e le Fiamme Gialle del GICO del Nucleo di Polizia Tributaria GdF di Roma hanno proceduto, quindi, anche al sequestro di beni per un valore di circa 280 milioni di euro, tra cui 46 esercizi commerciali (bar, ristoranti, pizzerie e sale slot), 262 immobili, 222 rapporti finanziari/bancari, 32 auto e moto, 54 società, 24 quote societarie in Milano, Roma, Salerno, Pescara, L’Aquila e Potenza.
Tra i sequestri rientrano anche gli storici bar “Mizzica!” di via di Catanzaro e di Piazza Acilia, acquisiti di recente dal gruppo malavitoso, il locale “Macao” di via del Gazometro, frequentato dai VIP della movida romana e la nota catena di bar “Babylon Cafe”, dalla quale l’indagine ha poi preso il nome.
Rocco Becce robexdj@gmail.com
Direttore Editoriale