È grande preoccupazione negli ultimi giorni da parte di molti lucani sull’installazione prossima di due “Ospedali Covid” da campo in Basilicata, a Potenza e Policoro, in provincia di Matera, o forse anche a Lagonegro, per una capienza totale di circa 500 pazienti.
Una notizia diramata senza informazioni approfondite proprio dagli organi competenti.
Nella mattinata di oggi, martedì 14 aprile, nel capoluogo lucano, davanti al “San Carlo” gli “addetti ai lavori” si sono incontrati per un sopralluogo tecnico ed hanno incominciato a misurare lo spazio per il montaggio di uno dei due ospedali lucani che verrà allestito molto probabilmente nei prossimi giorni.
Un incontro fatto senza diramare alcuna notizia ma, alla presenza di tanti amici, i soliti.
Mentre a Potenza, il sindaco della città, Mario Guarente non ha diramato nessun comunicato agli organi d’informazione, ma sopratutto ai suoi cittadini, a Policoro, in provincia di Matera, il sindaco Enrico Mascia, ha almeno informato i propri cittadini.
“Ai cittadini di Policoro chiedo di essere, se possibile, ancora più responsabili. Un ospedale di campo è importante e prezioso per loro prima ancora prima che per gli altri. Chiedo loro di assecondare la sua installazione nonostante il disagio. È una cosa che serve”.
È quanto detto dal commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, durante una conferenza stampa tenutasi nella sede della “Protezione Civile“, replicando alle proteste dei cittadini contro l’installazione di un ospedale da campo, donato dal Qatar, a Policoro.
Intanto, in attesa di qualche dichiarazione più concreta ed esaudiente, in merito, lo scorso 6 aprile, circa 900 cittadini lucani, preoccupati della non informazione sull’argomento, hanno firmato questa lettera poi, inviata al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese e al ministro della Salute, Roberto Speranza.
“Siamo un gruppo di cittadini lucani e vi scriviamo sia in virtù del vostro ruolo istituzionale, sia tenendo conto della vostra origine lucana e, quindi, della vostra profonda conoscenza di questa realtà. Siamo estremamente preaccupati per quanto sta accadendo nella nostra regiane in merita alla gestione dell’emergenza “Covid–19“.
La Basilicata, come ben sapete, è la regione dei piccoli numeri: meno di 500mila abitanti e, di conseguenza, un ridotto numero sia di contagi che di ospedalizzazioni. Secondo i dati riferiti a ieri, domenica 5 aprile, i contagiati sono 263 e gli ospedalizzati sono 64, di cui 18 in terapia intensiva e 46 in terapia sub-intensiva. A questi si aggiungono 13 deceduti e 12 guariti.
Numeri contenuti, come si vede, che consentirebbero un agevole trattamento medico di tutti gli interessati nelle strutture sanitarie esistenti: il grande Polo Ospedaliero San Carlo di Potenza e l’Ospedale Madonna delle Grazie di Matera i quali dispongono di un totale di 54 posti per terapia intensiva che, qualora occorra, potrebbero diventare 90, grazie all’utilizzo anche di altre strutture presenti sul territorio regionale.
Non esiste alcuna oggettiva necessità, quindi, di limitare il numero di ospedalizzati per non intasare le strutture nè esiste alcuna ragione che giustifichi comportamenti di chiusura nei confronti di cittadini che, affetti da sintomi probabilmente riconducibili ad infezione dal temibile virus, chiedano di esercitare il proprio diritto costituzionalmente riconosciuto di usufruire del supporta medico e dell’accoglienza in strutture ospedaliere pubbliche. Eppure, nonostante ciò, sono recentemente accaduti eventi estremamente inquietanti, che hanno creato in noi e nell’intera popolazione lucana un forte stato di preoccupazione ed allarme.
Due delle persone recentemente decedute, molto note nella comunità regionale, hanno purtroppo dovuto vivere nei propri ultimi giorni un vero e proprio calvario fatto di attese, sofferenze, vane richieste di aiuto e risposte evasive e procrastinanti da parte di chi avrebbe dovuto prestar loro immediato soccorso. Entrambi, infatti, all’insorgenza dei primi chiari sintomi di contagio da “Coronavirus”, hanno chiesto all’ospedale di Potenza l’effettuazione di un tampone ed, in caso di positività, l’erogazione tempestiva delle cure del caso.
Se la risposta della struttura sanitaria fosse stata positiva, con ogni probabilità sarebbe stato possibile contrastare efficacemente la malattia -allara allo stadio iniziale – salvando la vita di queste due persone e risparmiando loro enormi sofferenze. Invece, in entrambi i casi, non solo non è stato effettuato alcun tampone, ma gli interessati sono stati messi in una sorta di stand-by e costretti ad un’attesa disperante, costellata di continue telefonate e richieste di aiuto, che si è protratta per circa due settimane.
Una delle due persone, nonostante la febbre alta, la tosse ed un’evidente difficoltà di respirazione, dopo la prima settimana è stata addirittura rimandata a casa dal pronto soccorso senza alcun tampone e con una cura a base di antibiotici.
Dopo circa due settimane, quando la loro situazione era già gravemente compromessa, i due sono stati finalmente ospedalizzati ma, nonostante gli invasivi e dolorosi trattamenti della terapia intensiva, sono entrambi deceduti. Gravissime carenze si sono nel contempo verificate nel trattamento dei loro familiari e della catena dei loro contatti, non sottoposti a tempo debito a tamponi o verifiche di sorta, analogamente a quanto accaduto per altri due pazienti, di cui uno è attualmente in terapia intensiva, contagiati dai propri genitori e sottoposti a tampone soltanto dopo il decesso di uno dei due, sebbene le probabilità di contagio fossero, ovviamente, elevatissime.
Non conosciamo nel dettaglio le vicende delle altre persone colpite dal virus ma, sulla base di quanto detto finora, riteniamo indispensabile che si faccia chiarezza su quanto sta accadendo nelle strutture sanitarie lucane ed in particolare in quella di Potenza, per evitare che possano in futuro verificarsi altri tragici eventi di questo tipo per i quali non esiste, nè esisterebbe in futuro, alcuna giustificazione.
E non ci convincono affatto le affermazioni contenute nei comunicati ufficiali che l’Azienda Ospedaliera San Carlo e ASP si sono affrettate ad emettere dopo l’ultimo decesso ed in cui esse motivano il propria aperato con il rispetto dei protocolli nazionali, ci rifiutiamo, infatti, di credere che tali protocolli possano consentire che dei cittadini vengano respintio che non vengano adeguatamente soccorsi e curati dal sistema sanitario pubblico, soprattutto in un caso, come quello lucano, in cui il sistema stesso nan è sottoposto ad alcuno stress da sovraffollamento.
Va detto, inoltre, che già dal 15 marzo il protocollo dettato a tutte le ASL imponeva l’effettuazione di tamponi a tutti coloro che presentassero anche un solo sintomo riconducibile ad infezione da “Covid-19”. Nè ci sembra credibile l’intempestiva decisione del Governatore della Regione Basilicata, Vito Bardi, giunta dopo il decesso di una delle due persone si cui si è detto prima, di aprire un’inchiesta per verificare le eventuali responsabilità dell’Azienda Sanitaria.
L’inchiesta si sarebbe dovuta aprire ben prima ed avrebbe dovuto individuare le motivazioni, forse connesse ai protocolli fissati dalla catena decisionale regionale, che hanno indotta l’Azienda Ospedaliera potentina a non accogliere queste persone, a non effettuare tamponi per verificare il loro stato di salute, a non attivare subito il percorso terapeutico ed a non sottoporre a tampone tutta la catena dei contatti di ognuno dei positivi.
Cosi come quest’inchiesta dovrebbe far luce, tra l’altro, anche sul motivo per cui la percentuale lucana dei ricoverati in terapia intensiva in relazione al numero degli ospedalizzati (30%) sia la più alta in Italia e sulle ragioni di un cosi esiguo numero di guariti fra i ricoverati in rianimazione, condizioni che denotano entrambe il forte malfunzionamento di un sistema sanitario che dovrebbe, invece, privilegiare i trattamenti preroci e le cure non invasive; ed ancora, l’inchiesta dovrebbe far luce sul motivo per cui in questa regione si esegue un numero cosi esiguo di tamponi (3.061 al 4 aprile, pari a circa 4 ogni 1.000 abitanti invece dei 20 ogni 1.000 abitanti effettuati in Veneto) e non si è ancora avviato uno screening a tappeto per l’individuazione dei positivi mediante test sierologici per la ricerca degli anticorpi nel sangue oppure con tecniche più aggiomate, ma già sperimentate e validate.
Come è ovvio, ci auguriamo vivamente che quest’inchiesta, sebbene tardiva, venga portata a termine, ma auspichiamo altrettanto vivamente che essa non si concluda con l’individuazione di qualche comodo capro espiatorio che garantisca altre più gravi impunità.
Tutto questo sottrae credibilità al sistema regionale di gestione dell’emergenza creando una situazione di generale malcontento, ansia e paura che potrebbero facilmente sfociare in reazioni incontrollate da parte della cittadinanza.
E per questo che ci rivolgiamo a voi chiedendovi di intervenire tempestivamente con la vostra autorevolezza per modificare la rotta della gestione dell’emergenza sanitaria in Basilicata allo scopo di innalzarne nettamente il livello qualitativo. È necessario ridare fiducia agli abitanti di questa regione e per questo non servono supercommissari, come qualcuno qui sta iniziando ad immaginare, ma occorre piuttosta una vostra attenta e continuativa verifica sull’effettivo rispetto delle normative e linee guida nazionali.
Questa regione, proprio perchè piccola e fortunatamente non ancora travolta dall’emergenza, potrebbe senza difficoltà garantire a tutti i propri cittadini la massima protezione sanitaria e, con il vostro supporto, porsi come esempio pilota di applicazione di alcune buone pratiche.
Chiediamo quindi:
1) Che vengano individuate le catene diresponsabilità per tutti i decessi connessi a rinvii nell’effettuazione dei tamponi e nelirattivazione dei conseguenti percorsi terapeutici;
2) Che venga attivato su tutta la popolazione un protocollo di test rapidi per una prima individuazione dei positivi mediante analisi sierologiche per la ricerca di anticorpi o mediante tecniche più aggiornate, ma già sperimentate e validate;
3) Che tali test siano seguiti da immediate analisi di verifica sui positivi (mediante tamponi o altre tecniche più aggiornate, ma già sperimentate e validate) e sulle loro catene di contatti e dall’attivazione di tutti i conseguenti protocolli terapeut ici e comportamentali (ricovero, isolamento, quarantena etc.);
4) Che, nelle more dell’attivazione e realizzazione dei protocolli di cui ai punti 2 e 3, si provveda ad eseguire entro 24 ore esami di verifica della pasitività (mediante tamponi o altre tecniche più aggiornate, ma già sperimentate e validate) a tutti coloro che, avvertendo sintami anche minimi di infezione, ne facciano richiesta, nonchè, in tempi brevissimi, a tutte le loro catene di contatti;
5) Che tale verifica sia immediatamente seguita dall’attivazione di tutti i necessari protocolli terapeutici e comportamentali (ricovero, isolamento, quarantena, etc.) per i positivi;
6) Che tutte le persone costrette ad isolamento domiciliare, attualmente abbandonate a se stesse, vengano adeguatamente assistite sotto l’aspetto sia terapeutico che delle necessità quotidiane;
7) Che si verifichi se il numero degli operatori sanitari in tutte le strutture ospedaliere regionali è rispondente alla fase emergenziale ed, in caso di insufficienza, che si inviino in Basilicata operatori con adeguata qualifica da individuare fra coloro che hanno risposto affermativamente alle richieste di disponibilità recentemente effettuate dal Governo;
8) Che si verifichi, in particolare, se il numero di Anestesisti e Rianimatori operativi presso l’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza è rispondente alle necessità legate alla fase emergenziale; tale numero si è, infatti, considerevolmente ridotto a seguito di recenti trasferimenti e dimissioni di cui andrebbero ricercate le motivazioni; anche in questo caso, chiediamo che la cotazione, qualora insufficiente, venga integrata mediante l’invio di altri medici;
9) Che venga fissato un termine temporale entra cui individuare un numero sufficiente di strutture adeguatamente attrezzate, da utilizzare per la quarantena extradomiciliare;
10) Che vengano forniti a tutto il personale sanitario DPI di qualità adeguata ed in quantità sufficiente a consentire loro di lavorare in sicurezza e di offrire ai cittadini tutta l’assistenza necessaria e di trattarli, sopratutto, come persone e non come semplici numeri;
11) Che tutta la popolazione venga dotata di un sufficiente quantitativo di mascherine di tipo adeguato, visto che si sta facendo progressivamente strada la necessità di renderne obbligatorio luso in luoghi aperti o chiusi di uso comune.
Certi di un positivo riscontro, vi ringraziamo e vi porgiamo i nostri saluti”.
Rocco Becce
Direttore Editoriale