La Guardia di Finanza di Matera, su delega del Tribunale di Potenza, Sezione Misure di Prevenzione, nella mattinata di oggi, nel territorio delle città di Matera, in Basilicata ed Altamura, in Puglia, hanno dato esecuzione al decreto di sequestro e confisca di 6 aziende e di 12 punti vendita.
Tra tutto questo, vi erano 21 immobili e 9, tra auto e moto di grossa cilindrata, per un valore stimato complessivamente sugli oltre 10 milioni di euro.
L’operazione, denominata “Il Re Mida dei Rifiuti“, condotta, sotto la direzione e il coordinamento della Procura della Repubblica di Matera, guidata dal dott. Pietro Argentino, ha colpito M.C., un noto imprenditore locale, originario di Altamura, più volte segnalato all’Autorità Giudiziaria per reati fiscali, ambientali e fallimentari, il cui patrimonio è risultato essere notevolmente sproporzionato rispetto alle fonti reddituali ufficialmente dichiarate.
In particolare, come si legge in un comunicato stampa, l’imprenditore per evitare potenziali controlli, nel tempo ha posto in essere condotte di trasferimento del proprio patrimonio personale a beneficio dei familiari e dell’ex moglie, pur risultando di fatto l’effettivo “dominus” di tutto.
Otre a svendere a prezzi del tutto incongrui la totalità delle quote sociali della società cassaforte di famiglia alla convivente, al figlio e all’ex moglie, coinvolti in questa storia, per la modica cifra di 151mila euro, rispetto al patrimonio netto della stessa società ammontante ad oltre 3 milioni e 600mila euro, era destinatario delle misure ablative confezionando un’ardita procedura divorzile riconoscendo al coniuge separato, da 17 anni, la rilevante cifra di 5 milioni di euro a titolo di assegno di mantenimento, arretrati e assegno divorzile ancor prima della presentazione del ricorso congiunto per il divorzio avvenuto l’anno successivo.
E per completare il tutto, l’ex coniuge provvedeva sempre nel medesimo anno a riversare la predetta somma proprio nella società di cui aveva acquistato le quote a valore irrisorio, avvenuto due mesi prima dell’accredito dei 5 milioni.
Il collegio giudicante, sulla base della puntuale analisi condotta dal Nucleo PEF su un ampio arco di tempo, ha ritenuto l’indagato destinatario del provvedimento “persona socialmente pericolosa in quanto ha adottato uno stile di vita connotato dalla plurima, seriale violazione di precetti penali, come attestato dalle numerosissime contestazioni che gli sono state mosse, documentando perciò un atteggiamento di abituale opposizione ai precetti penali, in un autentico continuum criminogeno”.
Rocco Becce
Direttore Editoriale