Non è la prima volta e non sarà neanche l’ultima che ospiteremo con molto piacere, anche se si tratta di un argomento che avremmo voluto vedere risolto da chi ci governa che il più delle volte non presta attenzione su ciò che in tanti scriviamo.
Stiamo parlando di una lettrice, un’amica, ma anche nativa della Basilicata che si chiama Marietta Di Sario, sempre con il sorriso sulle labbra.
Ancora una volta si è rivolta a “Robex News” e questo è quanto chiede, come sempre in modo rispettoso, non solo per lei, una donna che vive, oramai da anni, su di una sedia a rotelle.
“Mi rivolgo al Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi e a tutti i politici italiani, di qualsiasi fede politica. Sono lucana e la mia storia inizia a quattro anni, l’età in cui i bambini dovrebbero correre e giocare. Invece, la poliomielite bussa alla mia porta prima ancora che potessi vaccinarmi. Pochi anni dopo non cammino più e da allora la carrozzina diventa la mia inseparabile compagna di vita. Nel momento in cui vi scrivo, badate bene, grazie ad altre mani perchè le mie non le muovo più, sono qualificata invalida civile al 100% e non uso gli arti inferiori e superiori. I miei sono stati anni di lunga sofferenza, del corpo e del cuore, e di lotte portate avanti con tenacia. La mia vita è stata sempre una dura prova. Oltre alla poliomielite e ai numerosi interventi chirurgici alle articolazioni, ho dovuto affrontare un intervento chirurgico per asportare un meningioma al cervello. Il mio corpo è stato flagellato, ma nonostante tutto non ho mai smesso di amare la vita e affrontare con fede la sofferenza”.
Poi, aggiunge, quanto segue, come sempre in un modo che veramente tocca il mio cuore e spero di tutti voi che leggete, ma sopratutto dei politici, quei politici che hanno, invece pensato, da sempre, alle loro lobby elettorali e a stipendi che nessuno di noi, poveri mortali, può permettersi.
“Convivere con essa, accettarla e accoglierla per testimoniarne il valore e la bellezza della vita sono tappe di un cammino lungo e difficile, ma che con gioia percorro ogni giorno e che mi conduce ad amare anche la mia vecchia carrozzina. Posso accettare la malattia, ma non posso più accettare i soprusi che vedo ogni giorno e l’indifferenza dei politici verso noi disabili, consiserati “gli ultimi della società”. Il più grande sostegno, in questi anni di sofferenze, mi è arrivato dalla mia famiglia, l’UNITALSI e dagli amici. Non sono mai mancati i volontari che venissero a prendermi per accompagnarmi col sorriso ad una Santa Messa, a fare una pizza o una passeggiata, in compagnia. Eppure, non è ai volontari che spetta il compito di aiutare un disabile, spetta allo Stato. Con il “Covid–19” la vita di noi disabili è diventata, se possibile, ancora più difficile e fatta di una solitudine insostenibile. Sono venute a mancare persino le cure essenziali. Io, ad esempio, non posso più fare fisioterapia in piscina, con un conseguente peggioramento della mia situazione fisica. Non posso più vedere ed incontrare i miei volontari, che erano la mia fonte di gioia. Inoltre, è stata per me una grande delusione scoprire che anche in occasione di una pandemia, così, terribile come questa, i disabili siano stati messi all’ultimo posto. Non siamo ancora stati vaccinati, eppure avremmo dovuto essere tra i primi e con noi i familiari, oltre a chi ci assiste. Questa emergenza terribile ha stravolto la vita di tutti, eppure sarei disposta a stringere i denti e a sopportare, se solo avessi la certezza che da questa pandemia ne usciremo davvero migliori. E per migliori intendo una società disposta a venire incontro ai più deboli, a prendersi cura di noi, degli ultimi. Non è giusto che il più grande aiuto a un disabile arrivi da un’associazione di volontari, mentre ci si debba sentire abbandonati dallo Stato. Oggi, dopo tanti anni, mi trovo a riflettere su come sia più semplice per me accettare la mia malattia alla luce della fede, piuttosto che rassegnarmi all’indifferenza di chi ci governa e ad un immobilismo legislativo che ferisce e abbandona i cittadini meno fortunati e più soli. L’assenza di politiche serie e concrete per i disabili gravi mi ha costretta a lasciare un piccolo paese della Basilicata, San Chirico Raparo, in provincia di Potenza, a cui sono molto legata e dove sono vissuta per più di 50 anni con tante difficoltà, per trasferirmi in Emilia Romagna, a Carpi, vicino Modena, dalla famiglia di mia sorella. Quella famiglia sulla quale ricade la responsabilità e il peso dell’assistenza del disabile. Per garantirmi un’assistenza continua, infatti, mia sorella ha dovuto rinunciare al suo lavoro in fabbrica. Sono molti i familiari che sono costretti ad abbandonare il lavoro, come mia sorella, per cui a chi si occupa del disabile dovrebbe essere riconosciuto uno status giuridico cui deve corrispondere un riconoscimento economico, perchè, oltre ad adempiere ad un proprio dovere morale, sostituisce lo Stato, laddove questo non assolva la funzione costituzionale di farsi carico dei disabili, generando un risparmio economico notevole in termini di spese assistenziali e anche ospedaliere, determinato dal ricovero in famiglia e sotto l’assistenza di un congiunto. La legge 104/92 prevede congedi retribuiti per due anni, tuttavia, dopo due anni, il disabile non guarisce, la sua è una condizione perpetua. In quest’ottica, s’inserisce la proposta di prevedere la tredicesima sulle indennità di accompagnamento e il prepensionamento per i familiari che assistono disabili gravi. La legge sul prepensionamento è importante per i familiari dei disabili per restituire loro un pò di vita, anche perchè nessuno sa seguire un disabile grave come un familiare stretto e, quindi, lo Stato deve permettere che questo sia possibile. I sostegni al reddito non bastano a garantire una vita dignitosa a un disabile grave che dovrebbe ricevere gratuitamente le cure e la fisioterapia di cui ha bisogno, in base alla propria gravità. Se un disabile è ricoverato, vengono scalati i soldi di accompagnamento, ma uno grave come me, ha bisogno di assistenza h24, persino in ospedale. Infine, rimane il problema delle false invalidità. Lo Stato, inoltre, dovrebbe aumentare i controlli su quella che è una vera piaga. Quanti soldi sono stati spesi inutilmente per colpa di chi si finge disabile e quanti soldi in meno per chi disabile lo è davvero!”
Poi, arriva così, alla conclusione.
“Con questa mia lettera inviata a Rocco Becce, voglio chiedere ai politici di aprire bene gli occhi e il cuore sulla dolorosa e gravissima realtà dei disabili gravi e dei familiari che li assistono, ancora più difficile ai tempi del “Coronavirus“. Questo lo chiedo sopratutto al nuovo Ministro per le Disabilità e la Famiglia, Erika Stefani, uno strumento che spero il governo sappia adeguatamente utilizzare. Il mio non è solo un grido di denuncia, ma vuole essere anche un inno e al rispetto della vita. È il mio amore per essa che mi spinge a scrivere, ancora, nonostante sia stanca di lottare e di combattere per dei diritti negati. Le Istituzioni non possono eliminare la sofferenza e il dolore, ma senza dubbio devono tutelare i più deboli con risposte concrete e immediate. Solo allora potremo dire di essere diventati finalmente migliori. Sono disponibile a essere contattata per mail all’indirizzo di Oriana Ramunno, che si occuperà di gestire la mia corrispondenza essendo io impossibilitata a farlo: orianaramunno@hotmail.it. Sono certa di una vostra gentile risposta e di un impegno per il futuro. Con cordialità, Marietta Di Sario”.
Rocco Becce
Direttore Editoriale