Come ottenere un reddito sicuro anche se rinchiusi dentro una struttura penitenziaria?
È il quesito che si saranno posti alcuni detenuti del carcere di Marino del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, prima di richiedere il “Reddito di Cittadinanza”.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, guidato dal Colonnello Michele Iadarola, nell’ambito di un’attività in materia di spesa pubblica nazionale, condotta in collaborazione e sinergia con l’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) hanno individuato diverse persone che indebitamente percepivano il sussidio pubblico, pur non avendone diritto in quanto detenuti.
Il particolare sostegno economico, quale misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, viene erogato ai nuclei familiari che possiedono, cumulativamente, dalla presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio, una serie di requisiti reddituali, patrimoniali, di cittadinanza, residenza e soggiorno, ed ancora, il richiedente non deve essere sottoposto a misura cautelare personale e neanche essere stato condannato in via definitiva per una serie di reati previsti.
Partendo da tale previsione normativa, i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ascoli Piceno hanno esaminato le posizioni di tutti gli interessati che, trovandosi reclusi presso il locale carcere, hanno richiesto il beneficio antecedentemente o in costanza di detenzione.
È emerso che 5 di loro avevano indebitamente percepito il Reddito di Cittadinanza per aver omesso di comunicare la loro condizione di persone sottoposte a misure di restrizione della libertà personale.
Singolare e insidiosa da scoprire è stata anche la posizione di una 37enne, che aveva presentato la domanda per accedere al beneficio, indicando un nucleo familiare composto da figlio minorenne e coniuge, omettendo di dichiarare che, da tempo, quest’ultimo era detenuto presso il penitenziario di Marino del Tronto.
Al termine degli approfondimenti, i militari della Guardia di Finanza hanno segnalato all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale i nominativi di coloro che sono risultati illecitamente percettori del beneficio, per la revoca ed il recupero delle somme erogate che ammontano ad oltre 22mila euro.
Come informato in redazione, sono stati denunciati alle competenti Procure della Repubblica, per aver reso dichiarazioni false o attestanti cose non vere, reato che prevede la pena della reclusione da 2 a 6 anni.
Donatina Lacerenza
Collaboratore