È stata denominata “Liquidator“, un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Potenza, guidato dal Col. Michele Onorato che, questa mattina, su ordine della locale Procura della Repubblica, ha visto finire in manette tre persone, tra Potenza e Milano.
Si tratta del lucano D.T., di anni 58, liquidatore della CO.SE.B. (Consorzio Cooperative Servizi di Basilicata), nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, della moglie, C.G.P., di anni 55, rappresentante legale di un’impresa operante nel settore della consulenza d’azienda e di un operatore economico del milanese, A.C., ora ai domiciliari, che si sono interposti ed hanno agevolato la distrazione di un patrimonio aziendale di oltre 2 milioni di euro.
Tutti i dettagli sono stati illustrati nella tarda mattinata di oggi, nella sala “Emanuele Gianturco“, al terzo piano del locale Palazzo di Giustizia, in via Nazario Sauro.
Tra i presenti, alla conferenza stampa, il Procuratore Capo della locale Repubblica, dott. Francesco Curcio, il Procuratore Aggiunto, dott. Maurizio Cardea, i Sostituti Procuratori, dott. Giuseppe Borriello e la dott.ssa Elena Mazzilli, il Comandante Provinciale della GdF, Col. Michele Onorato e il Comandante del Nucleo PEF della GdF, Ten. Col. Pietro Romano.
L’attenzione degli investigatori, si è concentrata sulla ricostruzione dei flussi finanziari, dove sono state riscontrate evidenti anomalie.
Infatti, è risultato che il credito vantato dalla prima società di oltre 2 milioni di euro, veniva venduto alla seconda e da questa alla terza, con un importo del prezzo della cessione assolutamente sproporzionato.
La somma pattuita, come accertato dai militari delle Fiamme Gialle potentine, era di appena 170mila euro, nel primo passaggio, e di 200mila, nel secondo, che veniva eseguito un rapidissimo movimento bancario degli oltre 2 milioni di euro incassati a seguito dell’atto transattivo conclusivo, quindi, circa 10 volte meno del suo valore.
Ultimo destinatario della somma era la società della moglie del liquidatore governativo indagato, attraverso lo schermo fornito dalla società milanese.
Il grave e concordante quadro indiziario delineato ha portato il Giudice per le Indagini Preliminari ad ipotizzare, in conclusione, agli indagati, il reato di peculato.
Infine, per le due società che hanno agito come “schermo”, è stata valutata la sussistenza della responsabilità amministrativa degli Enti, così, come previsto per legge.
Rocco Becce
Direttore Editoriale